La Trota Fario

trota fario

La trota fario è una delle specie autoctone più diffuse in Italia e in Europa. Tuttavia, non è facile distinguere una trota fario di ceppo mediterraneo (Salmo trutta trutta da una di ceppo atlantico (Salmo trutta); la prima è un pesce autoctono a tutti gli effetti, mentre la seconda è una specie alloctona e proveniente da allevamenti.
Le differenze morfologiche esistono (anche se poco evidenti), ma l’identificazione è resa difficile dalla presenza nei torrenti di numerosissimi esemplari ibridi, ossia nati dalla mescolanza dei due ceppi nonché dai diversi tipi di fario selezionati negli allevamenti.
Gli sforzi degli ittiologi sono rivolti alla salvaguardia del ceppo autoctono e ciò entra in conflitto con gli interessi dei pescatori.
Tuttavia, i contrasti possono essere appianati destinando ai ripopolamenti (e alla pesca) la maggior parte delle acque e limitando i prelievi (con contemporaneo divieto delle immissioni di esemplari d’allevamento) laddove sia presente il ceppo autoctono.

COME È FATTA
La trota fario ha un corpo slanciato, compresso ai lati e rivestito da piccole squame cicloidi; la testa robusta, la bocca di buone dimensioni, con i denti impiantati su mascella, mandibola, palato e lingua. La mandibola è leggermente più lunga della mascella ed è proprio dalla forma della testa e della bocca che si può riconoscere un maschio da una femmina: nel primo la mandibola termina a uncino, più o meno sviluppato in relazione all’età; nella seconda, la testa si presenta più tozza e la mandibola è sempre priva di uncino.
Come tutti i salmonidi, la trota fario ha due pinne sul dorso, una a metà del corpo e sostenuta soltanto da raggi molli, l’altra (più piccola ma di maggiore spessore) poco prima del peduncolo caudale. La coda è ampia e il margine è quasi diritto, a differenza della trota iridea che presenta una falcatura più pronunciata. Sul ventre il pesce ha due pinne pettorali, due ventrali e un’unica pinna anale.
Una differenza, non scientifica, fra una trota di allevamento e una nata nel fiume si può riscontrare nelle pinne pettorali: le specie allevate le hanno quasi sempre piccole, o addirittura ridotte a moncherini; le fario indigene, invece, presentano pinne pettorali molto sviluppate, che si aprono a ventaglio.

LIVREA E PUNTINI
La livrea della trota fario presenta varianti fin troppo numerose, a causa della diversità degli habitat e del diffuso fenomeno dell’ibridazione.
Ciononostante, si possono indicare le dominanti cromatiche di massima e le caratteristiche principali delle fario autoctone di ceppo mediterraneo.
La colorazione varia dal verde scuro al marrone, specialmente sul dorso, mentre la parte ventrale si presenta molto più chiara e spesso tendente al giallo. Tutta la livrea, pinne e testa comprese, è punteggiata da una fitta maculatura, differente nei due ceppi di trota fario: nel ceppo mediterraneo è formata da piccoli punti
rossi, senza alone bianco intorno; sull’opercolo branchiale, poi, c’è una macchia nera piuttosto estesa: anche nei soggetti adulti, infine, sono presenti quelle che gli ittologi chiamano Parr verticali. Nella trota fario di ceppo atlantico, invece, pur fra la grande varietà di livree si possono apprezzare alcune caratteristiche
comuni: pochi e grandi punti rossi, con alone bianco specialmente lungo la linea laterale; assenza delle ‘macchie Parr’ e della grande macchia nera sull’opercolo branchiale.

DOVE VIVE
L’ambiente originario della trota fario è il torrente di montagna con acque limpide e ben ossigenate. Attualmente, però, non è raro incontrare trote fario (quasi sempre alloctone) anche nei torrenti di fondovalle o nei laghetti in pianura. Questo pesce, infatti, si adatta abbastanza bene anche a condizioni di modesto inquinamento, compresi i canali di irrigazione e le rogge.
La trota fario si ciba sia di altri piccoli pesci (sanguinerole, avannotti, scazzoni, ecc.) sia di larve e di insetti che vivono in acqua o sulle sponde (frigaanee, vermi, cavallette, libellule, effimere, ecc.).

COME SI PESCA
La trota fario si può catturare con esche sia naturali che artificiali. Nel primo caso, si ricorre alla classica pesca al tocco, innescando vermi, camole, cavallette o altri tipi di insetto; si utilizzano canne molto lunghe, con cimini sensibili e si tiene il filo in mano per percepire le abboccate del pesce.
Se, invece, si preferiscono le esche artificiali, ci si avvale di due tecniche: lo spinning (con ondulanti, cucchiaini rotanti, minnow, ecc.) e la pesca a mosca (con imitazioni di mosche, effimere o ninfe); in entrambi i casi, inoltre, si possono usare esche di fantasia, che non riproducono animali veri, ma stimolano semplicemente il forte istinto aggressivo della trota.

Buona Pesca 🙂

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